I dingo erano fedeli amici dell'uomo? La risposta arriva da un recente studio su questa specie animale
Il cane è il migliore amico dell'uomo per antonomasia. Sempre al suo fianco sia nei momenti belli che in quelli brutti, questo fidato compagno è una presenza costante nella vita di chi sceglie di averne uno, va curato, amato e mai abbandonato a se stesso. Il legame tra uomo e cane è molto forte e testimonianze antichissime hanno riportato alla luce l'importanza che rivestivano già in ere lontane quando i cani erano molto apprezzati dagli uomini.
Sappiamo bene che il mondo è pieno di razze differenti e che, nella scelta di un cucciolo, è possibile orientarsi su quella che più ci piace. Oltre a questo aspetto molto "moderno", la storia ci insegna che alcuni dei cani che conosciamo oggi derivano da specie selvatiche. Ed è proprio su una di queste che si è focalizzata una nuova ricerca scientifica. Vediamo.
Il dingo, un antenato del comune cane da compagnia
TSUinternational Tarleton State University Katy Platt/Wikimedia Commons - CC0
Un gruppo di studiosi dell'Università di Sidney ha focalizzato l'attenzione su una specie molto particolare appartenente alla famiglia dei canidi, il dingo. Conosciuto come cane selvatico, è una tipologia di cane australiano introdotto nelle comunità a partire dall'era dell'Olocene, ovvero più di 11.000 anni fa. La ricerca ha preso il via da un ritrovamento archeologico che ha visto portare alla luce resti ossei di questi animali.
La cosa che ha attirato particolarmente l'attenzione è stata rinvenire tali resti all'interno di vere e proprie tombe. Ma cos'ha significato questo per gli esperti?
Da specie selvatica a cane domestico
Jarrod Amoore - Dingo/Wikimedia Commons - CC BY 2.0
Come dicevamo, da sempre i dingo erano considerati animali del tutto selvatici. Vivevano di caccia, liberi e lontani dalle popolazioni aborigene, ma questa scoperta ha riacceso i riflettori sulla questione, portando gli studiosi a considerare il rapporto tra uomini e dingo sotto un'altra veste. Questi animali, dunque, non sarebbero sopravvissuti solo liberi e distaccati dal mondo umano, ma in molti casi gli uomini li avrebbero presi ancora cuccioli dalle tane e portati con sé nei villaggi.
Qui sarebbero in qualche modo stati addomesticati e poi lasciati nuovamente liberi per riprodursi senza problemi e portare avanti la specie. "Alcuni esemplari, tuttavia, vennero a mancare mentre erano in compagnia di persone e furono sepolti nei luoghi di occupazione" - si legge in un estratto della ricerca condotta dall'esperto Loukas Koungoulos, dell'università australiana.
Rinvenire resti ossei in luoghi dove solitamente erano sepolti membri delle tribù ha sottolineato quanto il rapporto fra uomo e dingo non fosse affatto superficiale, ma molto più profondo di quello che si pensi.
Il dingo era parte integrante delle popolazioni
"Molto prima della colonizzazione europea in Australia il rapporto tra dingo e indigeni si era ormai radicato - si legge ancora nella ricerca - Nella vita quotidiana i dingo venivano usati per una varietà di scopi, tra cui protezione personale, calore, compagnia, gli indigeni se ne servivano come cani da guardia e come mezzi per la caccia. Una varietà di fonti scritte, orali e visive suggeriscono che i dingo furono incorporati nei sistemi di parentela delle popolazioni indigene - continua lo studio - ricoprendo posizioni importanti nelle storia delle popolazione e diventando oggetti di canti e cerimonie".
Dunque questo animale non sarebbe solo l'ennesima forma di vita selvatica, ma un vero e proprio antenato del cane così come lo conosciamo noi. Era attivo nelle comunità umane, le serviva per vari scopi ed era un'ottima compagnia. Niente da invidiare ai nostri moderni amici a 4 zampe. Del resto, molte razze discendono proprio dai dingo e sono la testimonianza vivente che un legame con l'uomo c'è sempre stato e questo studio ha testimoniato che non era per nulla superficiale.
The University of Sidney - Plos One - UNSW Sidney